Misteri e fantasmi nel bel romanzo di Eugenia Romanelli
Di Delia Vaccarello – Fino all’ultimo attendi lo svelamento. Chissà se a ispirare l’autrice è stata la potenza del mistero che abita dietro il nome Elena Ferrante. Fatto sta che Eugenia Romanelli nel suo “La donna senza nome” (Castelvecchi) ci lascia con il fiato sospeso per molte pagine prima di svelarci la vera identità della pittrice che sta dipingendo la sua ultima tela. Pittrice di fama internazionale, dalle tele calamitanti. Si chiama “Glad” e non si tratta neanche di un nome, ma di un aggettivo: felice. Nessuno la conosce, nessuno sa chi è. A svolgere le public relations è un intermediario colto, raffinato, fidatissimo e gay. In ogni tela di Glad c’è sempre scritto “Tak”, vale a dire grazie in danese. Perché il danese?
E che cosa ha a che fare Glad con Alberto ed Emma la cui storia la pittrice racconta mentre dipinge l’ultima tela filmata da un giovane documentarista? E ancora, è l’ultimo giorno da pittrice o l’ultimo giorno della sua vita?
Non basta, il mistero è fitto anche perché è abitato da fantasmi. Fantasmi di persone vive ma sconosciute, morte ma innominabili. Romanelli mette il dito sulla questione della omogenitorialità e ipotizza che non conoscere il volto del donatore che ha permesso l’inseminazione artificiale, dando a due mamme la gioia di mettere al mondo una figlia sia, poi, per la figlia cresciuta, a dir poco un rompicapo. Tale figura, quella del padre biologico mai conosciuto, viene consegnata alla figlia dentro l’aura della gratitudine, occorre essere grati a questo signore che ha dato il semino senza il quale tu non saresti nata…. questo il lessico che Romanelli non cita, ma che è presente in alcune narrazioni di madri in figlia o figlio. Gratitudine. Che cosa genera nelle fantasie di una bambina questa gratitudine suggerita verso l’uomo senza volto? Ecco che la donna senza nome si confronta in fondo con l’uomo senza volto e senza nome, che riposa alla radice della sua vita. E pur se viene presentato come un fantasma buono non sembra non complicare la vita alla misteriosa protagonista.
Ancora, Alberto il coprotagonista della love story che innerva il romanzo, non pronuncia a sua volta mai un nome. Lo ha cancellato dalla memoria, tale è l’effetto atroce del trauma subito. Alberto è un velista superesperto di fama mondiale che rischia la vita su una nave ad alta tecnologia sperimentale. Il suo naufragio lascia tutti col fiato sospeso. Il suo ritorno miracoloso viene seguito dalle telecamere di tutti i network. Due personaggi di eccezione, semplici e umani nelle loro inquietudini e tragedie, negli abbandoni e nei rifiuti, nelle confusioni e nei timori. Forse con un posto nel mondo un po troppo sovradimensionato.
Eugenia Romanelli con sapienza descrive la storia dei due e la “giornata particolare” di Glad, lasciandoci in attesa fino all’ultimo, come finisce la love story? Quali sono le vere intenzioni i dell’artista? Con una prosa fluida ci porta pagina dopo pagina fino allo scioglimento dei misteri, regalandoci un lessico competente quando si parla di arte moderna o di vela.
E anche se il buddismo viene spesso a fare capolino dandoci una visione della vita e della morte che avremmo preferito più “personalizzata”, più a misura della scrittrice, il romanzo offre una lettura in grado di rapire. E ha il pregio di affrontare temi attualissimi senza offrire soluzioni scontate o di tendenza.
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Fonte: ANDDOS